Impianti di riciclaggio della plastica

Cosa troverai in questa pagina:

    Introduzione: La plastica

    Tra i diversi simboli utilizzati per distinguere i diversi tipi di materiale e facilitare la raccolta differenziata, istituiti dalla Commissione Europea nel 1997, troviamo il triangolo di frecce, un simbolo che viene posto sulle confezioni di plastica e può significare sia che l’imballaggio è riciclabile, oppure che parte del materiale è riciclato. Un’altra forma utilizzata è l’esagono, che sta ad indicare il materiale con cui sono composti i contenitori di liquidi.

    La caratteristica di questo simbolo consiste nel contenere una sigla al suo interno: tra le più frequenti, si trovano PET, PE, PP, PS e PVC, che indicano i vari tipi di plastica e il relativo contenitore dove essere smaltiti. Si possono trovare anche sigle quali PI (indica materiali accoppiati e impossibili da separare in fase di riciclaggio, come carta-plastica, plastica-alluminio, carta-alluminio, in genere non riciclabili).

    Qual è la situazione in Italia?

    Nel processo di riciclaggio della plastica, l’Italia ricopre un ruolo interessante e di tutto rispetto: i numeri sono in costante crescita, così come i vantaggi per il Paese. È un business florido e in costante aumento, numericamente parlando sono coinvolte 2.600 aziende, 33 centri di selezione, 73 impianti di riciclo, 35 preparatori e utilizzatori di combustibili da rifiuto.

    Il tutto, da non dimenticare, parte dalle amministrazioni comunali e dai cittadini, i primi responsabili che il processo avvenga in modo ottimale. Negli ultimi anni ci sono stati dei grandi miglioramenti, e nel 2017 sono state raccolte oltre 1 milione di tonnellate di rifiuti in modo differenziato (+11,7% rispetto al 2016).

    Il processo di riciclaggio della plastica

    La plastica è tutta uguale?

    Ovviamente no, esistono diversi tipi di materiali plastici e possono essere riassunti in 3 macrocategorie:

    • termoplastiche, ovvero materie che acquisiscono malleabilità sotto l’azione del calore. Da queste materie si possono formare dei prodotti che potranno essere nuovamente fusi per dare vita a nuovi prodotti;
    • termoindurenti, al contrario delle prime, sono plastiche che possono essere fuse e plasmate, ma una volta raggiunto lo stato solido non possono essere fuse una seconda volta;
    • elastomeri, una classe di copolimeri (una miscela polimerica composta di una plastica e una gomma), che possono essere sia termoplastici che termoindurenti, ma caratterizzati da grandi capacità di deformazione e di elasticità.
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    Quali norme regolano lo smaltimento e il riciclo di materiali plastici?

    Per riciclare i materiali plastici c’è bisogno di sottostare a dei precisi codici di riciclaggio, ovvero i codici internazionali istituiti dalla Commissione Europea nel 1997, utili ai fini di riconoscere chiaramente che tipo di materiale è stato utilizzato per l’oggetto che ci si accinge a riciclare.

    A livello nazionale, invece, esiste la commissione tecnica UNIPLAST, acronimo di Ente Italiano di Unificazione nelle Materie Plastiche, ha pubblicato una nuova norma nel 2017: UNI 10667-1, norma che regola il riciclo e il recupero dei rifiuti di plastica, nonché sottoprodotti di materie plastiche.

    La nuova norma sostituisce e ritira quella più datata, che risaliva al 2010 (UNI 10667-1:2010).

    L’impegno delle associazioni nel riciclo della plastica

    Esistono sei associazioni della filiera delle materie plastiche che operano con volontari in linea con la Plastic Strategy UE. L’impegno volontario, battezzato come Circularity Platforms, è volto a raggiungere un target di riciclo di almeno il 50% dei rifiuti plastici in Europa entro il 2040. Questa percentuale aumenta fino al 70% se si considerano anche gli imballaggi in plastica.

    Le associazioni che hanno sottoscritto l’accordo sono Plastic Recyclers Europe (PRE), Petcore Europe, European Carpet and Rug Association (ECRA), Polyolefin Circularity Platform (PCEP Europe), European Plastics Converters (EuPC) e VinylPlus.

    Tutti i materiali plastici, una volta raccolti secondo le norme, in seguito vengono pressati per essere trasportati più agevolmente verso gli stabilimenti che si occupano di selezione e riciclaggio della plastica.

    Come avviene il processo di riciclaggio della plastica?

    Al momento dell’arrivo nel punto di raccolta i rifiuti si presentano sciolti o imballati. La prima fase riguarda la selezione dei rifiuti, che viaggiano su nastri ad alta velocità con grandi soffi d’aria che fanno una prima selezione, separando involucri leggeri dai più pesanti. Avviene una selezione di tipo meccanico, introducendo i materiali in un vaglio rotante (una sorta di enorme centrifuga) che separa le famiglie di plastiche a seconda della loro dimensione. Intervengono successivamente dei lettori ottici che eseguono una seconda separazione in base ai polimeri presenti nel prodotto da riciclare e all’eventuale colorazione, grazie al soffio d’aria menzionato in precedenza.

    In una seconda fase, invece, degli addetti procedono allo smistamento manuale di una piccola parte che le macchine non riescono a separare automaticamente.

    Dopo la rimozione manuale degli eventuali materiali plastici non idonei, i materiali sono pronti per passare sotto a una pressa che genererà degli imballaggi di colorazioni diverse. Nel caso del PET, ad esempio, si differenzia secondo 3 diversi colorazioni: colorato, azzurro, trasparente. Oltre a questi, nella pressa finiscono anche polietilene ad alta intensità (dato principalmente da fusti dei detersivi e relativi flaconi) e polietilene a bassa densità (ricavato da buste della spesa e shopper varie).

    La filiera del riciclo degli imballaggi si muove attraverso la codifica dei polimeri presenti nel prodotto da riciclare: tra le plastiche riciclabili, si possono individuare anche film e pellicole, scarti di lavorazione (detti anche materozze), plastiche miste, paraurti e serbatoi, rafia di big bag, plastiche accoppiate e contenitori in plastica.

    Al termine del processo, è normale che una parte di plastica risulti non riciclabile, e costituisca quindi il materiale di scarto inutilizzabile. Il motivo principale è imputabile a errori commessi in fase di smaltimento rifiuti, materiali erroneamente inseriti nella raccolta della plastica o che non sono stati scompattati prima di essere buttati.

    Il rifiuto inutilizzabile finisce nei termovalorizzatori e costituirà la base per il recupero energetico.

    Terminata la fase di separazione si passa al vero e proprio impianto di riciclo: i rifiuti passano in una gigantesca lavatrice che pensa al lavaggio, alla separazione, alla centrifuga e alla macinazione delle plastiche, ridotte a chips, scaglie e flakes.

    I modelli di impianti per la triturazione della plastica

    Esistono diversi modelli di impianti per la triturazione della plastica, a seconda della tipologia di rifiuto, urbano o industriale, e di granulatori, siano essi combinati o in linea.

    Dai macinatori industriali monoalbero, a trituratori industriali bialbero e quadrialbero, esistono impianti adatti alla macinazione di prodotti dall’elevato peso specifico.

    Diverse norme stabiliscono severe imposizioni in termini di granulometria e pulizia dei pulvirenti: la granulometria dipende dal grado di purezza del granulo che verrà processato. In base all’applicazione della materia MPS (Materia Prima Secondaria, un nuovo prodotto derivante da materia prima riciclata), è possibile ottenere un grado di purezza del granulo variabile, a seconda della flessibilità dell’impianto che andrà a processare la materia.

    Esistono, inoltre, impianti più evoluti in grado di trattare la più nobile delle plastiche, il PET.

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    Il Trituratore Monorotore – GR280

    Esistono impianti di riciclaggio realizzabili su richiesta del cliente?

    In funzione delle esigenze di ogni cliente, è possibile richiedere un impianto di riciclaggio a buon prezzo di mercato, intervenendo su componenti quali il grado di purezza del granulo che può variare in base all’applicazione della materia MPS.

    I benefici del riciclaggio della plastica

    Quali prodotti possiamo ricavare da plastica riciclata?

    I materiali riciclati possono dare vita a un numero quasi infinito di nuovi prodotti, per tante categorie di oggetti che è possibile trovare nella quotidianità.

    Da maglie, occhiali, maglioni in pile, indumenti di diverso tipo, involucri, sedie, shopper e vasi.

    I prodotti riciclati possono essere tanti, ma i benefici?

    Secondo il bilancio “Green economy report”, messo a punto da Corepla, il consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica, nel 2017 sono stati inviati a riciclo il 43,4% di imballaggi raccolti, provocando nel Paese un benefit economico di circa 2 miliardi di euro per la materia prima non consumata, per la produzione di energie e per il risparmio di emissioni di CO2.

    In Italia sono presenti circa 40 impianti per la selezione dei materiali plastici da riciclare, che contribuiscono in questo senso a chiudere il ciclo della produttività e a dare nuova vita a quantità importanti di rifiuti.

    Si cerca in questo modo, quindi, di emulare il ciclo della natura, in cui tutto viene trasformato e riutilizzato, facendo divenire il rifiuto una nuova risorsa.
    Anche la riduzione dei volumi di rifiuti indifferenziati costituisce un beneficio derivante dal riciclo di materiali plastici: l’impronta ecologica dell’uomo dev’essere necessariamente regolata e tenuta sotto controllo nel corso di questi anni, con un occhio di riguardo al futuro prossimo.

    Oltre ai benefit per l’ambiente e per la vita di tutti, sono da segnalare anche caratteristiche meno positive: l’inquinamento di polveri nell’atmosfera, infatti, restituito dai processi di incenerimento dei rifiuti, viene monitorato costantemente per far sì che i limiti non vengano superati.

    Secondo direttive UE, infatti, vi sono limitazioni delle emissioni nell’atmosfera di sostanze inquinanti originate da impianti di combustione medi. Per impianti di combustione medi si intendono impianti che hanno una potenza termica nominale pari o superiore a 1MW e inferiore a 5MW, indipendentemente dal tipo di combustibile utilizzato.

    Appendice: la plastica e l'inquinamento dei mari

    I rifiuti si estendono anche lungo le coste?

    Un’altra questione tanto attuale quanto problematica riguarda lo smaltimento di rifiuti in mare che finiscono, inevitabilmente, lungo le nostre coste.

    Attualmente, se venissero filtrate tutte le acque salate del mondo, si scoprirebbe che ogni chilometro quadrato di esse contiene circa 46 mila micro particelle di plastica in sospensione.

    Si tratta di numeri ingenti e altrettanto preoccupanti, sia per l’ecosistema animale, sia per le inevitabili ripercussioni sulla catena alimentare, il cui danneggiamento è attualmente in corso.

    Nel corso degli anni l’uso della plastica ha subito un notevole aumento da parte delle più disparate aziende, e questo materiale è diventato uno dei simboli dello sviluppo industriale, insieme a cemento e acciaio.

    Il rovescio della medaglia è dato naturalmente dalle caratteristiche di questo prodotto che, se non riciclato correttamente o inviato ad appositi inceneritori, finisce nell’ambiente, favorendo l’alterazione degli ecosistemi.

    Quanta plastica finisce nei mari?

    Ogni anno la plastica prodotta nel mondo varia dai 4 ai 12 milioni di tonnellate ed è causa dell’80% dell’inquinamento marino, per via dei rifiuti plastici che entrano in mare spinti dal vento o trascinati da scarichi urbani e corsi fluviali.

    Anche le navi che solcano i mari producono una parte di rifiuto, come ad esempio i pescherecci, navi mercantili e imbarcazioni turistiche di ogni tipo.

    L’Oceano Pacifico può sfortunatamente vantare la presenza di un’isola di plastica paragonabile alle dimensioni degli Stati Uniti.

    E nel Mediterraneo?

    Anche nel Mar Mediterraneo l’inquinamento dovuto alla presenza di materiale plastico costituisce un problema attuale. Ma dove si trovano le maggiori concentrazioni di rifiuti nel nostro mare? Uno studio condotto dal CNR parla di una concentrazione molto elevata di rifiuti tra la Toscana e la Corsica, facendo emergere la presenza di un chilometro quadro di rifiuti di plastica nel Tirreno settentrionale, per un totale di circa 10 chili di rifiuti.

    In gran parte, i rifiuti che si trovano in mare sono costituiti da ciò che viene smaltito dai nuclei familiari nella vita di tutti i giorni.

    È possibile ridurre l’inquinamento marino?

    Tra i tanti metodi utili ai fini di ridurre l’inquinamento marino, un concreto aiuto che può arrivare dall’adozione di comportamenti volti alla riduzione sia del consumo di plastica, sia della produzione di rifiuti derivanti da materiali plastici.

    Il primo comportamento da adottare è la riduzione dell’uso di sacchetti di plastica (shopper), dal momento che secondo un recente rapporto della Commissione Europea la media di shopper utilizzate in un anno si aggira intorno alle 300 a testa, per la cui produzione servono 910.000 tonnellate di petrolio che immettono nell’aria 8 Kg di CO2 a famiglia.

    In generale, fare un’attenta raccolta differenziata è il consiglio principale da cui partire. È consigliato inoltre:

    • ridurre l’uso di sacchetti monouso e utilizzarne di riciclabili;
    • prediligere l’uso di prodotti alla spina piuttosto che confezionati con, a volte, un numero eccessivo di imballaggi;
    • accertarsi che i sacchetti di plastica usati per la raccolta differenziata siano effettivamente realizzati in materiale biodegradabile.